una classe...speciale

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lunedì 17 maggio 2010

Appalti G8, i dubbi di Perugia Il gip conferma gli arresti: associazione a delinquere. Ma manca la prova di tangenti FRANCESCO GRIGNETTI PERUGIA La «cricca» di Balducci & soci, una consorteria di farabutti, merita di restare in carcere per i prossimi tre mesi. E non si dica che sono incensurati, «tenuto conto del carattere seriale e comunque protratto nel tempo delle gravi condotte illecite emerse». Il giudice Paolo Micheli si associa al suo collega di Firenze Rosario Lupo: quel che e' emerso dalle indagini sugli appalti legati ai Grandi Eventi e' uno scandalo di prima grandezza. E se anche non c'e' prova della CORRUZIONE da parte dell'ex magistrato Achille Toro, e' persino «sovrabbondante» la documentazione sulle rivelazioni del segreto da parte sua. Percio' tutti assieme - i quattro arrestati e i tanti indagati, Toro compreso - vanno ormai considerati un'associazione a delinquere dove ciascuno aveva il suo ruolo delinquenziale e il fine ultimo era la CORRUZIONE. A Perugia l'inchiesta sta muovendo i primi passi. S'attendeva quest'ordinanza del gip Micheli perche' confermasse o no che e' la procura di qui a dover procedere. Ora l'ordinanza c'e'. Anche se con molte cautele. Sul ruolo di Achille Toro, ad esempio: «In teoria, all'esito delle indagini, potrebbe emergere che gli sforzi dell'Azzopardi per trovare una sistemazione lavorativa a Toro Camillo, per quanto manifestazione di una volonta' corruttiva nei riguardi del padre di quest'ultimo, furono autonomi e indipendenti rispetto ai suoi rapporti con il Messina, il Balducci, o l'Anemone, e che costoro si rivolsero a lui per avvicinare il figlio del magistrato approfittando dei notori rapporti di frequentazione tra lo stesso Azzopardi e la famiglia Toro». Oppure anche sulla CORRUZIONE vera e propria di questi pubblici ufficiali. Il giudice sottolinea che manca ancora la pistola fumante; non c'e' prova di mazzette, salvo tanti imbarazzanti favori che legano imprenditori a funzionari pubblici. «In altre parole, anche a un ''quisque de populo'' verrebbe da pensare che un corrotto dinanzi a un corruttore che guadagna decine di milioni di euro si farebbe versare in un conto svizzero cifre a parecchi zeri piuttosto che vendere la propria funzione per l'uso di una macchina o di un telefonino». Insomma e' perplesso, il gip Micheli. Ma solo perche' in questa inchiesta giuntagli sul tavolo da Firenze di indizi ce ne sono tanti, ma di prove poche. E quindi invita ad andare avanti. Anche perche' ci sono fin troppi aspetti da chiarire. Si prenda la vicenda della macchina di Filippo Balducci, il figlio del dirigente. Dalle intercettazioni si evince che la Bmw X5 da 71 mila euro la regala l'imprenditore Diego Anemone. La difesa ha presentato pero' una fattura intestata a Balducci. Ma allora e' tutto un equivoco? Il giudice studia i documenti e si accorge di alcune anomalie: la fattura e' stata emessa il 28 gennaio 2010, eppure la macchina e' stata consegnata molto prima e da una concessionaria differente. Conclusioni del gip: «Percio', o la macchina rinvenuta dalla polizia giudiziaria e' un'altra, oppure si deve prendere atto della singolare coincidenza che la fattura ricordata risale esattamente al periodo in cui il Balducci seppe delle indagini in corso». E poi non c'e' da prendere sul serio certe forme di autodifesa di chi nega anche l'evidenza. Il funzionario Mauro Della Giovampaola ha negato di essere mai stato con prostitute pagate da Anemone a Venezia? Il gip considera «assolutamente consolidato» che il sesso fosse un «metodo di remunerazione».

Paoloni

28-02-2010, LASTAMPA, NAZIONALE

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